Thursday 23 July 2015

Buongiorno fatica



Il primo allenamento pseudo-intenso di oggi mi riporta alla fatidica domanda: perche'?

Chi ce lo fa fare, a quasi 40 anni, con lavoro, famiglia, e vari altri stress, a massacrarci correndo?

Cos'e' che cerchiamo, quando ci spingiamo ai limiti, e ci trasciniamo su strade spesso condivise con pedoni che ci guardano stupefatti, sbuffando stile locomotiva (oggi l'ho rifatto dopo tanto tempo), con in volto l'espressione di una partoriente, e con la consapevolezza che, una volta tornati a casa, troveremo compagni/e, regazzini/e, a darci il colpo di grazia e a richiedere la stessa quantita' di energie, incuranti dei km che abbiamo percorso?



Nel mio caso, c'e' senz'altro in gioco un fattore-identita'. Quando facevo atletica, da adolescente, la corsa era tutta la mia vita: il resto (scuola, amici, famiglia) erano la cornice al mio correre. Solo quando avevo le scarpe da corsa ai piedi mi sentivo al posto giusto: l'appuntamento giornaliero con la corsa mi dava stabilita'. Sapevo chi ero, sapevo quello che dovevo fare.

Adesso, 20 anni dopo, la mia vita TOTALMENTE cambiata, inevitabili paure di perdermi, di non essere piu' in controllo, di non sapere piu' quale sia il mio posto, mi spingono a correre. E' come ritornare, per un'oretta, a essere quell'adolescente la cui vita aveva perfettamente senso: corro, ergo sum - diceva qualcuno. Certo, ci sara' anche il desiderio di sentirsi "non vecchio", "non grasso", nonche' la dipendenza da endorfine che lo sport produce, e che aiutano quando a casa la Donna c'ha le sue cose e va affrontata con rilassatezza.. Ma il bisogno di avere qualcosa di stabile nella vita, anche se questo implica sbuffare come una locomotiva, con la faccia stravolta, in mezzo alla gente che passeggia sul lungomare australiano, e' la vera fonte di motivazione.

E adesso, torno a sbaciucchiare Matilde.

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